I disturbi comportamentali del cane anziano.

la vecchiaia nel cane

 

I disturbi del comportamento dipendenti dall’ invecchiamento di un cane alterano la relazione che esiste tra l’ animale e il suo nucleo familiare.

Le modificazioni di comportamento di un cane anziano possono essere ricondotte tanto a disturbi endogeni, associati, cioè, a patologie in corso proprie della vecchiaia, quanto a disturbi esogeni, legati alla percezione dell’ ambiente esterno.

Tra le patologie comportamentali più comuni della geriatria canina rientrano l’ iperaggressività, il rallentamento e la disorganizzazione.

L’ iperaggressitività secondaria del cane anziano ha una evoluzione in due tempi: la prima fase viene definita aggressività reattiva perché si esprime come reazione, appunto, ad un fenomeno scatenante; la seconda fase è quella che sfocia in vera e propria iperaggressività secondaria, nella quale il cane ha compreso che con il morso può risolvere ogni situazione indipendentemente dall’ entità del fenomeno scatenante.

Durante il periodo di aggressione reattiva, il cane reagisce ad una situazione irritante quale può essere il dolore, le costrizioni fisiche, le stimolazioni eccessive. Il suo centro di controllo è situato nel sistema limbico, a livello del nucleo caudale del setto dell’ amigdala, dell’ ipotalamo e dell’ ipotalamo ventromediano. Anche gli ormoni sessuali (androgeni ed estrogeni) contribuiscono aumentando la frequenza e l’ intensità di questo comportamento.

Dal momento che l’ esistenza di patologie dolorose croniche può provocare delle aggressioni per irritazione, la sottovalutazione del dolore da parte del proprietario può condurre fino alla iperaggressività secondaria.

Allo stesso modo possono scatenare reazioni aggressive le menomazioni sensoriali (perdita della vista e dell’ udito) cui molto frequentemente vanno incontro i cani anziani.

Il ruolo del proprietario è fondamentale e consiste nell’ osservare attentamente il proprio cane e rilevare prontamente qualsiasi cambiamento nel comportamento, che potrebbe nascondere un problema di natura medica.

Dal canto suo, il Veterinario deve saper distinguere in quale delle due fasi di aggressività si trovi il paziente per stabilire al meglio il trattamento da intraprendere: nel caso di aggressività reattiva, è solitamente sufficiente eliminare la causa scatenante per assistere alla remissione del disturbo comportamentale, se invece è sopraggiunta la iperaggressività, la terapia sarà basata sulla somministrazione di farmaci, generalmente neurolettici.

Al di là delle patologie comportamentali vere e proprie come quelle che abbiamo appena esaminato, l’ invecchiamento di un cane provoca nell’ animale un rallentamento delle reazioni agli eventi esterni e la comparsa di risposte emozionali imprevedibili ed inopportune. Si crea allora un piccolo circolo vizioso all’ interno del quale il proprietario stimola sempre meno il cane ed il cane è sempre meno voglioso di reagire ed essere attivo, meccanismo che può condurre ad uno stato di depressione involutiva.

Il miglior modo per lottare contro questo disturbo è quello di mantenere al meglio l ‘attività motoria e psicologica del cane portandolo a fare passeggiate, magari rivedendo tempi, modi ed orari, continuando a giocare con lui, possibilmente con meno foga, e rendendolo costantemente partecipe alla vita di famiglia.

Il cane anziano necessita di due controlli annui dal veterinario ed una alimentazione adeguata con ridotto apporto proteico e calorico, anche se non capita di rado che con l’ avanzare dell’ età i cani diventino più ingordi.

Se l’ esame neurologico evidenzia un importante rallentamento delle risposte, il Veterinario potrebbe decidere di istituire una adeguata terapia a base di psicoanalettici, in grado di intervenire sull’ utilizzo del glucosio da parte dei neuroni e sul metabolismo ossidativo. Un’ altra terapia potrebbe consistere nella  somministrazione di antidepressivi se la situazione lo richiede.

Una cura per la vecchiaia purtroppo non è ancora stata inventata, però sarebbe bene non considerare il proprio cane anziano come un tappetino da arredamento: il modo migliore per mantenerlo in forma è farlo sentire ben integrato nella famiglia, tollerando la sua lentezza nel rispondere alle sollecitazioni e le sue reazioni di paura.

Quando il nostro cane mangia le feci si tratta davvero di una carenza alimentare?

cane che mangia feciLa coprofagia è quel disturbo alimentare che prevede l’ ingestione abituale da parte del cane delle feci di altri animali della stessa o di altra specie.

Il solo pensiero può provocare disgusto alla maggior parte dei lettori, però in realtà si tratta di una situazione abbastanza normale e comune.

Il problema di più semplice spiegazione è quello del consumo di escrementi di animali erbivori. Essi sono infatti molto ricchi di fibre e di vegetali parzialmente digeriti, e quindi particolarmente appetibili per i cani, che considerano la loro ingestione come un fatto naturale.

Quando invece un cane mangia le feci di un altro cane è più complesso comprenderne il motivo. Occorre sicuramente fare una distinzione tra cani cuccioli e adulti.

Nel periodo infantile l’ esplorazione dell’ ambiente circostante avviene principalmente per mezzo della bocca, quindi il cucciolo è portato ad ingerire parzialmente gli escrementi di altri cani che incontra sul suo passaggio.

Inoltre occorre tener conto del fatto che alcune sostanze contenute nelle feci dei carnivori, e quindi anche dei cani, sono particolarmente appetibili, perché iperproteiche e ricche di ammine biogene (putrescine, cadaverine), presenti anche nelle carogne, alimentazione naturale dei cani selvatici.

Per quanto possa essere fastidioso da considerare, la coprofagia risulta parte integrante del comportamento alimentare del cane.

Spesso però il cane che mangia le feci altrui nasconde motivazioni ben più profonde come ad esempio la volontà di modificare i contatti sociali.

Si osservano, infatti, con una certa frequenza cani che ingeriscono una parte degli escrementi e si rotolano in quello che resta con lo scopo di impregnare il pelo nelle zone (collo e orecchie) che vengono esplorate per prime da altri cani.

Dal momento che le secrezioni anali sono ricche di feromoni, in questo modo il cane cerca di alterare alcune sue caratteristiche olfattive per modificare il suo contatto sociale e il suo stato gerarchico.

Quello che invece costituisce un vero e proprio disturbo , qualora esso si protragga nel tempo, è l’ autocoprofagia. In un cane giovane tale problema è abbastanza normale purchè si manifesti occasionalmente e scompaia con la crescita.

Si è a lungo considerato se un cane che mangia i propri escrementi abbia delle gravi carenze alimentari, ma non si è riusciti ad associare alla  autocoprofagia alcuno squilibrio metabolico.

Clinicamente invece essa è associata spesso a patologie dello sviluppo nei cuccioli.

Nella sindrome da privazione e nella depressione da distacco, l’ autocoprofagia si associa spesso ad una assenza di apprendimento della pulizia e ad un comportamento esplorativo principalmente orale.

Nella sindrome da separazione del cucciolo il disturbo è accompagnato il più delle volte da minzione e defecazione provocate dalla paura, che scompaiono senza necessità di una cura.

Nel cane anziano l’ autocoprofagia fa parte generalmente dei sintomi della depressione involutiva e tale comportamento va assimilato ai fenomeni regressivi che fanno riapparire dei comportamenti infantili.

Comunque, per qualsiasi proprietario di un cane che soffra di autocoprofagia è fondamentale osservare attentamente il proprio animale al fine di associare a questo disturbo altri comportamenti anomali, perché solo trattando gli squilibri comportamentali concomitanti è possibile risolvere questo problema.


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