Vi sarà di sicuro già stata raccontata la storia del Dobermann, secondo la quale il cane, arrivato ad un certo punto della vita, si ritroverebbe con un cervello molto più grande della scatola cranica, impedendo a quest’ ultima di contenerlo. Di qui avrebbe origine, sempre dando voce alla narrativa, la pazzia del Dobermann che condurrebbe l ‘animale ad aggredire con l’ intento di uccidere ogni essere umano, compreso il padrone.
Ci tengo a sfatare subito questo luogo comune, che nel tempo ha provocato nelle persone una certa ritrosia nell’ adottare esemplari di questa stupenda razza canina.
Nient’ altro è che un diceria popolare che non trova alcun fondamento scientifico.
Cosa vera è invece il fatto che questa particolare razza (ma non solo essa) di rara bellezza, secondo il mio modesto parere, abbia la tendenza, o meglio la predisposizione genetica a sviluppare verso i 5-6 anni di età la Sindrome di Wobbler o anche Spondilomielopatia Cervicale caudale.
Questa patologia, che prende il nome da una delle più evidenti caratteristiche della sintomatologia, ossia il traballamento (Wobbler) delle zampe, è un’ affezione neurologica causata da diversi agenti, come protrusioni discali, instabilità delle vertebre, stenosi del canale vertebrale, ecc., che portano alla fine ad una compressione del midollo spinale nel tratto cervicale della colonna.
I primi segni clinici di questa patologia, per quel che riguarda il Dobermann, sono rappresentati da modificazioni nell’ andatura, abbastanza lievi da sfuggire all’ attenzione del proprietario: il cane inizia a compiere passi più lunghi del normale (ipermetria) soprattutto con gli arti posteriori, dopodiché subentra un ondeggiamento al livello della groppa, accompagnato, in un secondo momento, da movimenti delle zampe anteriori caratterizzati da rigidità e piccoli passi (ipometria).
L’ esordio della patologia è legato ad una instabilità vertebrale tra la quinta e la settima vertebra cervicale con successivo interessamento del disco e dei legamenti vertebrali. Ciò provoca, come conseguenza immediata, lo schiacciamento delle radici nervose e del midollo spinale, il cui normale flusso viene compromesso, fino al caso della ostruzione totale che, se non trattata repentinamente, può portare il cane ad una tetraplegia, ossia la paralisi di tutte e quattro le zampe, spesso irreversibile.
I sintomi più evidenti, superata la prima fase della malattia, sono: atassia, paresi parziale o totale del treno posteriore, deficit propriocettivo degli arti (contraddistinto dal trascinamento delle unghie e strusciamento al suolo del dorso delle zampe), passo incrociato, incontinenza urinaria e fecale, difficoltà nel sollevare la zampa per urinare, rigidità nel muovere il collo. A seconda del livello di compressione del midollo spinale tali sintomi si presenteranno di più o meno lieve intensità.
La diagnosi precoce della Sindrome di Wobbler può fare veramente la differenza in termini di guarigione e recupero della piena funzionalità degli arti e di tutti gli altri organi compromessi.
L’ esame più adeguato per una corretta diagnosi è rappresentato dalla risonanza magnetica, ma spesso è sufficiente effettuare una mielografia con mezzo di contrasto che metta in evidenza la compressione midollare, laddove il liquido iniettato incontri qualche resistenza al suo passaggio.
In entrambi i casi l’ anestesia generale è d’ obbligo, nel primo per garantire il buon esito dell’ esame, nel secondo perchè sarebbe impossibile effettuare un iniezione spinale a cane sveglio.
Contestualmente alla pratica dell’ iniezione spinale, il medico veterinario preleverà prima di iniettare il liquido di contrasto, una minima quantità di liquor (liquido spinale) al fine di analizzarne il contenuto ed escludere altre patologie come ad esempio la Mieloencefalite canina.
La terapia è chirurgica, nel 90% dei casi, e constiste in un intervento neurochirurgico di distrazione e fissazione vertebrale, ossia l’ eliminazione della compressione sul midollo spinale per il ripristino del corretto flusso e la fusione di due vertebre (mediante utilizzo di cages intervertebrali) al fine di assicurare la stabilità vertebrale.
Il recupero postoperatorio è direttamente proporzionale allo stato del paziente prima dell’ intervento. Il primo periodo, nonostante il cane sia in grado di muoversi, viene consigliato il riposo assoluto per garantire il pieno successo dell’ intervento.
Dopo 5-6 settimane inizia il vero processo riabilitativo, meglio se sotto le mani esperte di un fisioterapista veterinario.
La dedizione del proprietario nell’ esito del decorso postoperatorio è l’ elemento fondamentale affinchè tutto vada per il meglio. Il che vuol dire seguire costantemente il cane convalescente, posizionarlo su superfici morbide e sempre asciutte, girarlo e rigirarlo spesso nelle diverse posizioni, imboccarlo e dissetarlo frequentemente.
I massaggi si rivelano molto efficaci come anche il nuoto in acque tiepide.
I cani la cui malattia ha avuto un’ evoluzione più progressiva sono più inclini al recupero totale rispetto a quelli in cui la malattia ha avuto un’ insorgenza acuta; e, in generale, i paretici (con perdita parziale di forza muscolare) hanno più chance di ritornare a camminare rispetto ai cani paraplegici (totalmente privi di movimento volontario).
Nel caso di compressioni multiple il recupero è pressochè improbabile.
Oggi vi ho parlato di questa patologia che colpisce molto frequentemente il cane Dobermann, ma volevo ricordare che non è la sola razza colpita, e che a seconda della razza interessata e dell’ età dell’ insorgenza può assumere diverse varianti.
Altre razze potenzialmente soggette a sindrome di Wobbler:
Alano San bernardo e Mastiff( 6-12 mesi )
Setter Inglese
Schnauzer gigante
Rottweiler
Bobtail
Bassethound
Fox Terrier
Chow Chow
Weimaraner
Golden Retriver
Cane dei Pirenei
Rhodesian Ridgeback
Pastore Tedesco
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